Cervino
cresta SW del Leone (D-)

24/25 agosto 2001 – Daniele e Lorenz


 
 

L'idea del Cervino e' partita l'inverno scorso quando leggo sul newsgroup it.sport.montagna di un certo Daniele che cerca qualcuno con cui fare la via italiana. Io rispondo e scopro che lui l'ha gia' tentata due volte, arrivando fino al Pic Tyndall (4200 m) quindi quasi in cima. Poiche’ non ho mai visto il Cervino da vicino penso che sia importante fare la salita con qualcuno che conosce gia' la montagna.

Cosi' ci ritroviamo ad agosto 2001 con soli 3 giorni a disposizione visto i vincoli dovuti al lavoro di entrambi. Saliamo a Cervinia giovedi sera (23/8) e piazziamo la tenda in un prato nei pressi degli impianti di salita. La mattina dopo prendiamo il primo troncone degli impianti di Plateau Rosa' che ci portano ai 2500 m di Plan Maison. Da qui seguiamo un sentiro che taglia a mezzacosta una morena e ci porta al rif. Orionde' (2800 m). Non c'e' piu' il servizio delle jeep che a pagamanto portavano la gente da Cervinia fino al rifugio, ma almeno risparmiamo 500 m di dislivello con gli impianti.

Breve pausa al rifugio e ripartenza per il bivacco Carrel (3830 m) dove passeremo la notte. Il primo tratto si svolge su ripidi pendii e canaloni e piccoli pianori. Passiamo presso la croce Carrel, eretta in ricordo di J.A. Carrel che mori' di sfinimento sul posto dopo aver riportato giu' dalla montagna due clienti in seguito ad una terribile bufera. Arriviamo sui 3500 m circa della cresta del Leone e ci leghiamo per affrontare un lungo traverso esposto su piccoli nevai e strette cenge.

Giunti al colle, diamo un'occhiata al panorama verso il versante svizzero e pieghiamo decisamente verso destra affrontando cosi’ la cresta del Cervino. Per placche e per il famoso Cheminee (un diedro verticale e liscio di 10 metri con catena) arriviamo alla Carrel alle 14:30.

Il bivacco e' abbastanza grande, tiene 40 posti. Ha una piccola stanza che fa da cucina con 5/6 fornelli a gas, una stanza piu' grande con i letti, e una stanza privata dove dormono le guide. All'esterno c'e' una sorta di largo balcone in acciaio fatto con una grata che e' sospeso nel vuoto e che lo rende particolarmente suggestivo. Il panorama e' notevole, le vette piu' vicine sono la Dent d'Herens e la Dent Blanche, molto belle.

Il fatto di essere arrivati abbastanza presto e' molto positivo perche' riusciamo a prendere due buoni posti per la notte. Approfittiamo del tempo a disposizione per fare neve. La cosa e' tutt altro che semplice al punto che mi tocca imbragarmi e farmi fare sicura da Daniele. Immaginate di essere su una parete nord con un pentolone e un pentolino piu' piccolo per raspare la neve e vi fate un'idea della situazione.

Cosi' sciogliamo parecchia neve (piu' di un litro e mezzo) che useremo per la minestra e il the, mentre l'acqua buona che abbiamo portato da valle la useremo per il giorno dopo. Finiti i preparativi ci rimane ancora tempo per rilassarci, godere il panorama e osservare il flusso continuo di cordate che arrivano sia dal basso che dall'alto di ritorno dalla vetta. Ho anche il tempo di farmi calare di 40 metri nei pressi del bivacco per recuperae una bella torcia frontale della Petzl praticamente nuova e di arrampicare su facili rocce per tornare su. Tutti la rimiravano ma nessuno aveva il coraggio di andare a prenderla.

Verso le 18:30 prepariamo la cena in mezzo ad un gran casino perche' la gente aumenta sempre piu'. Comunque va tutto bene, ceniamo, prepariamo le cose per il giorno dopo e cominciamo a pensare a che ora partire. Nel frattempo passa una guida a ritirare le 20 mila che ciascuna persona deve versare per il pernottamento. Chiaccherandoci insieme scopriamo che le guide in genere partono verso le 5:30, quindi quando comincia ad albeggiare. Noi non sappiamo bene che fare, se partire presto per evitare il grosso del casino pero' con il problema di dover arrampicare alla sola luce delle frontali, oppure se aspettare la luce dell'alba. Il discorso del buio non e' banale in quanto su roccia il buio e' veramente.... buio (non come su ghiacciaio) ed inoltre, almeno nella parte iniziale, e' facile sbagliare via.

Incredibilmente, alle otto passate c'e' ancora gente che sale e che non trovera' posto dove dormire. Ormai il bivacco e' stipato all'inverosimile. Punto la sveglia alle 3:45 con l'idea di partire al massimo per le 5. La notte non riesco a dormire, soprattutto per il rumore di quelli che stanno ancora cercando un buco dove sdraiarsi, pero' mi sento bene, niente mal di testa. E non e' poco! Non ho mai passato una notte a piu' di 3800 m!

Quando ci alziamo c'e' gia' gente che fa colazione, io preparo il the e mangiamo in piedi. I tavoli e le panche sono pieni di gente che dorme. Tutto sommato ci prepariamo abbastanza in fretta e alle 4:30 siamo pronti per partire. Non fa freddo e non c'e' vento, io indosso il solito capilene con il solito micropile e la giacca in goretex. Ci leghiamo ad una decina di metri e partiamo alla luce delle frontali.

Giungiamo ben presto alla corda della sveglia dove troviamo una cordata di 3 spagnoli che stanno facendo dei numeri non da poco per salirla. Aspettiamo e ci raggiunge anche la guida con cliente. Gli dico scherzando "ma le guide non dovevano partire alle 5:30 ? Allora c'era il trucchetto he ?" e mi risponde altrettando simpaticamente che con tutto il macello che hanno fatto i primi che si sono alzati, tanto valeva alzarsi e partire pure loro.

Superiamo gli spagnoli e stiamo dietro alla guida. In questo modo non abbiamo il problema di cercare la strada giusta. Ad un certo punto a Daniele si spegne la frontale perche' aveva le pile scariche e cosi' perdiamo tempo per cambiarle. Rischiamo di perdere contatto con le altre cordate (soprattutto la guida!) proprio nel punto peggiore, cioe' nell'anfiteatro prima della Grand Corde dove e' piu' facile sbagliare. Tuttavia riusciamo a ricongiungerci, a trovare la Grand Corde e a salire sulla cresta.

Da qui non si puo' piu' sbagliare, la via e' a tratti segnata anche con dei vecchi bolli rossi. Nel frattempo abbiamo superato altre cordate. Alle 6 passate possiamo anche spegnere le frontali, ora si procede anche senza, sempre in cresta, sempre senza vento. Dove posso piazzo dei rinvii ma la via e' abbastanza tranquilla, io mi sento molto sicuro e concentrato cosi' procediamo spediti. Ogni tanto Daniele si deve fermare per riprendere fiato.

Abbiamo davanti a noi solo 2/3 cordate. La guida nel frattempo ha superato tutti. Arriviamo al Pic Tyndall, dove sfiliamo la piccozza per fare una breve cresta su neve, molto esposta. Quindi cominciamo a disarrampicare veso l'Enjambee (l'intaglio che separa il Pic Tyndall dalla testa del Cervino). Osserviamo le cordate che ci precedono e che stanno affrontando, piu' in alto, la mitica scala Jordan. Per canaponi e tratti meno faticosi, giungiamo anche noi alla famosa scala Jordan.

L'ho sempre immaginata come una lunga scala in corda da afferrare per avvicinarla a se e da salire nel vuoto per superare una parete strapiombante. Evidentemente ho lavorato un po troppo di fantasia. Sta di fatto che la scala e' lunga una decina di metri, e' fatta di due canaponi belli grossi con pioli in legno altrettanto robusti ed e' molto faticosa da salire sia perche' si trova a circa 4300 m (!) sia perche' effettivamente un po strapiombante lo e'. Il piu' e' fatto. In breve, alle 9:00, raggiungiamo i 4476 metri della cima italiana del Cervino.

E' strano perche' al momento la cosa non mi ha fatto nessun effetto. Provo piu' emozione e gioia adesso che sono a casa e ci ripenso. Credo che sia perche' ero molto concentrato, visto che tra l'altro ho tirato la via dall'inizio alla fine. Ci stringiamo la mano e ci facciamo i complimenti per aver fatto la scalata in 4h30, un tempo di tutto rispetto! Ci sediamo a mangiare qualcosa.

Il panorama e' incredibile. Getto lo sguardo giu' per la parete nord, abbondantemente innevata, e penso a Bonatti che in un giorno d'inverno sali' da laggiu' tutto solo. Scendiamo lungo la facile cresta che porta alla croce e facciamo delle foto. Oltre la croce, la cresta conduce, molto piu' affilata e di neve, verso la vetta svizzera dove ci sono alcune persone.

Alle 9:30 iniziamo la discesa. Mando davanti Daniele che e’ un po stanco. Nei pezzi piu' impegnativi lo calo con un mezzo barcaiolo mentre io scendo disarrampicando. Mi sento ancora molto bene e procedo sicuro. Avevo il timore di trovare grosse complicazioni nell'incrociare le cordate in salita. In realta', non scendendo in doppia, riusciamo a procedere bene senza troppi intoppi.

Osservo la cresta di Zmutt e noto delle cordate che salgono per quella via che sembra molto bella. Non credendo ai miei occhi, incrociamo di nuovo la cordata di 3 spagnoli che stanno ancora salendo. Non avevano ancora raggiunto il Pic Tyndall (!) e stavano facendo una improbabile corda doppia per scendere da un breve tratto che si fa disarrampicando. Poco prima della Grande Corde facciamo delle doppie da 25 m che ci portano di nuovo all'anfiteatro. Da qui facciamo il traverso e giungiamo al Linceul (un ‘lenzuolo’ di neve ghiacciata molto ripida) dove ci assicuriamo, come all'andata, con un cordino a mo di ferrata. Daniele scivola sul ghiaccio e io non riesco a trattenerlo perche' ho lasciato la corda lasca (visto che stiamo usando il cordino). Scivola per una decina di metri lungo il cavo d'acciaio finche’ non si ferma. Fortunatamente non e' successo nulla di serio.

Alle 14:30, dopo 5 ore, siamo di ritorno alla Carrel. Abbiamo tutto il tempo per scendere fino a Cervinia. Ci fermiamo a riposare e mangiare. Telefono ad Elena e gli comunico dell'ennesima impresa di quest'anno. L'hanno scorso avevo sparato: "l'anno prossimo faccio il Bianco e il Cervino". Mai e poi mai avrei pensato di farlo veramente. Anzi, in realta' ho fatto molto di piu'! Solo nell'ultimo mese ho fatto, nell'ordine, la cresta Est alla Punta Kennedy (26/7 - con Fabio), la traversta del Monte Bianco (5/8 - con Roberto e Andrea), la Zippert allo sperone nord del Pizzo Palu' occ. (11/8 - con Lorenzo), la Corda Molla al Monte Disgrazia (15/8 - con Elena) e il Cervino (25/8 – con Daniele). Tutto cio' trovando sempre tempo splendido e condizioni ottime (a parte il vento a 80Km/h sul Bianco!). Fortuna ? Puo' darsi, ma non credo. Io penso piuttosto che Qualcuno mi osservi e mi curi molto attentamente da lassu' in alto dove nessuna montagna puo' arrivare. Quando raggiungo una vetta il mio pensiero va sempre al Signore e a mio padre (suo il berretto blu che ho sempre con me) che sento piu' vicini.

Tornando "a terra", penso anche che un merito fondamentale ce l'abbia il corso di alpinismo avanzato che ho fatto alla SEM. Se l'obiettivo del corso e' quello di insegnare all'allievo ad andare a fare certe vie in alta quota in piena autonomia e sicurezza (piuttosto che fare delle belle gite fine a se stesse), allora posso dire che, per quanto mi riguarda, l'obiettivo sia stato centrato in pieno. E dunque il mio ringraziamento va a Roberto e a tutti gli istruttori.

Lorenz